lunedì 30 agosto 2010

Dice il Giorno, nel 1973

Il Giorno. Un articolo del 1973, del 14 gennaio, che sembra la descrizione dell'apocalisse. Dice che Catania va in rovina con furore. Dice che la città, al primo impatto, ti accoglie per strade disselciate dove la sporcizia è impressionante e sembra crescere di minuto in minuto. Dice che la viabilità è un groviglio di interruzioni dovute ad opere pubbliche incominciate e lasciate a metà. Dice che il disordine edilizio, spaventoso appare subito evidente per i molti palazzi rimasti bloccati nelle loro impalcature che stanno marcendo, abbandonate da mesi. Dice che lungo la litoranea i grattacieli si affacciano su un'arteria moderna dove le fognature sono inservibili perché intasate dalle immondizie. Dice che carogne di cani e carcasse di auto cui hanno smontato lo smontabile occupano lunghi tratti del marciapiede a mare. Dice che cartelli segnaletici sono caduti invadendo la sede stradale e nessuno si è sognato di toglierli. Dice che l'energia elettrica va e viene di continuo. Dice che l'acqua potabile da anni fa regolari vacanze estive lasciando la città quasi all'asciutto. Dice che la programmazione industriale, dopo avere installato un modesto gruppo di complessi improduttivi, da sempre è paralizzata. Dice che l'agricoltura estensiva è in crisi. Dice che il commercio, grande e piccolo ristagna da anni. Dice che i coltivatori di agrumi piangono amare lacrime sulla concorrenza spietata di paesi come la Spagna, Israele, il Nord Africa e la stessa California che ha portato il settore ai più bassi indici di esportazione di questi ultimi anni. Eppure siamo nella città che un tempo si proclamava la "Milano del Sud", dice. La città che è da sempre considerata la più potente dell'isola, dice. Dice che il catanese è stato una fabbrica di soldi, dice, che li ha prodotti in ogni maniera, dice, commerciando, vendendo, acquistando e rivendendo, trattando, costruendo, arrangiandosi. Però, dice, che Catania, dice nel 1973, dice, in questi ultimi anni ha cominciato a girare a vuoto. Dice che si è ritrovata sporca, arrogante, imbrogliona, disordinata e violenta. Dice che lo scippo è il re dei reati cittadini; dice che la rapina a banche, uffici postali, banchi del lotto è un fatto quotidiano; dice che il furto di auto tocca le cinquanta unità giornaliere; dice che il contrabbando di sigarette è intenso, dice. Dice che i furti in appartamenti sono all'ordine del giorno. E la prostituzione prospera, dice - unico esempio italiano - in un ghetto squallido tra le stradine del quartiere di San Berillo vecchio risparmiato dalla grande operazione di risanamento che aveva portato alla creazione del modernissimo corso Sicilia. Dice che del gruppo originario del quartiere, costituito da trentamila persone, solo cinquemila hanno resistito asserragliate in queste case cadenti, le facciate quasi combacianti, rivoli d'acqua che scorrono dai muri come un maleodorante sudore, dice. Dice che in questo ghetto, a cinquanta metri dal "corso delle banche" vivono seicento prostitute in simbiosi, dice, con omosessuali, ruffiani, ladri, ricettatori, contrabbandieri e rapinatori, dice. Dice che le donne siedono dietro la soglia del basso in una specie di povera imitazione delle vetrine di Amburgo, dice. Dice che sono prostitute d'infima specie, dice, grasse e sformate, dice, volti malati sotto un trucco grottesco, dice. Dice che attorno alle donne, dice, sia al san Berillo che al san Cristoforo, dice, dice che c'è un mondo di criminali impenetrabili alla stessa polizia, dice. Dice che i ragazzi dai quattordici ai diciassette anni vengono strumentalizzati dagli adulti quali truppe d'assalto, dice, scippi e furti d'auto sono gestiti quasi esclusivamente da minorenni. Dice che su cinquanta auto rubate al giorno venti vengono ritrovate, dice, trenta spariscono, dice, inghiottite dal nulla anche se si sospetta che vadano a finire in Africa, dice. Dice che continue sono le aggressioni a donne che stanno facendo la spesa in centro; dice che ci sono ragazzini di quattordici anni che si sparano nei piedi per stabilire a chi tocchi l'utile di una prostituta; dice che ci sono scippi a catena, dice, organizzati in piazza Caduti del mare da una banda di giovanissimi, dice, che sfruttava il rallentamento obbligatorio del traffico, dice, per aprire contemporaneamente tutti gli sportelli delle auto in transito asportando qualsiasi oggetto si trovasse all'interno, dice. Dice che i catanesi, di colpo, hanno scoperto che mancano le strutture fondamentali, dice; dice che l'industrializzazione dalla quale avevano preteso soluzioni miracolistiche, dice, li ha lasciati con alcune aziende statalizzate che non producono benessere ma sono solo di peso, dice. Dice che il turismo, dice, in una città che ha chilometri di splendido mare da sfruttare ,dice, è stato completamente trascurato, dice. Dice che i politici locali hanno trasformato il governo della città, dice, in una faida delle parti lontanissima da ogni interesse per il bene comune. Dice che sull'originaria volontà politica di trasformare Catania in una Milano del Sud, dice, s'inserirebbe smisuratamente una partitocrazia sensibile, dice, a doveri clientelari, dice, esposta a ogni tipo di pressione speculativa, dice, impegnata nella distribuzione di prebende, dice, ai notabili più meritevoli dice. Dice che a Catania, dice - che sono gli stessi politici che governano la città ad ammetterlo, dice - dice che c'è un vuoto di potere, dice. Dice che tra i partiti democratici e la base, dice, non c'è colloquio né comunicazione d'interessi, dice. Dice che la crisi economica, dice, che ha investito Catania, dice, che li ha trovati del tutto impreparati, dice. Impegnati, dice, in lotte personali, dice, hanno lasciato che la città continuasse a consumare se stessa, dice, senza contribuire a creare nulla di nuovo, dice. Dice che ci si è dimenticati negli ultimi anni di fabbricare scuole e ospedali, dice, che ci si è dimenticati di programmare uno sviluppo industriale, dice, di puntare sul turismo, dice, di creare valide strutture portanti per i diversi insediamenti, dice. Dice che la situazione si deteriora sempre più rapidamente. Dice che gli ospedali cittadini sono in condizioni disastrose. Dice che c'è un'industria sovvenzionata che paga tre miliardi di stipendi annui per un fatturato che non supera il miliardo, dice. L'edilizia, dice, che da sola fino a qualche tempo fa ha fatto da cavallo trainante dell'economia catanese, dice, è sempre stata esclusivamente residenziale, dice, di lusso, dice, insomma, ad altissimi indici speculativi, dice. Oggi Catania, dice, dice che è una città dove nessuno ancora muore di fame. Dice che è una città dove i redditi più alti non compaiono perché gli intestatari hanno ottenuto la residenza nei paesi dei dintorni. Dice che è anche una città molto delusa nelle sue ambizioni, che erano diverse dalla realtà di oggi. Dice che la città forse riuscirà a sopravvivere ma certo la democrazia, qui, è molto malata. Dice che il catanese assiste sbigottito allo sfacelo della sua città nella quale aveva sempre creduto.

E io dico: "Che culo, non siamo più nel 1973!"

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